Il Caucaso – Popoli e conflitti di una frontiera europea

Aldo Ferrari
Roma 2005, pp. 142

Per la sua ricchezza di usi, costumi, tradizioni, per la sua estrema complessità etnica, linguistica, religiosa, culturale, il Caucaso ha rappresentato da sempre un luogo mitico, romantico, esotico. Ma per noi europei dopo la seconda guerra mondiale era divenuto assai lontano; solamente negli ultimi anni la crisi dell’Impero sovietico lo ha riproposto alla nostra attenzione, ricordandoci che questo crogiuolo e intrico di popoli si trova da secoli collocato ad una cruciale frontiera tra Europa ed Asia, come luogo di scontro appetito da ogni parte – sia dal Vicino Oriente sia dalle steppe eurasiatiche. Dalla fine del XVIII secolo i Russi hanno iniziato una conquista che ha teso a fare dello spazio caucasico un’unica zona da tener sotto controllo all’interno di un unico sistema politico; e certo si tratta di un’area che bisogna considerare nel suo complesso, per comprenderne il rilievo storico e le ripercussioni sui vicini – anche proprio su di noi Europei. Tuttavia periodicamente questa regione ha fatto emergere al suo interno profonde divisioni, che negli ultimi anni sono ricomparse in un’area rivelatasi molto “calda”, separando i territori situati a Nord che si trovano ancora sotto il controllo russo – in cui particolarmente difficile risulta la situazione della Cecenia – dallo scacchiere meridionale. Qui le tre repubbliche della Transcaucasia (Armenia, Georgia, Azerbaigian) ritrovatesi nuovamente indipendenti nel 2004 sono state – non a caso –inserite in quella Politica europea di prossimità che costituisce un passo verso l’inserimento nella UE.

Insomma, ancora una volta il Caucaso si propone come zona di crisi legata alle tensioni internazionali che pesano su quelle terre per interessi economici e geopolitici riguardando Potenze vicine e lontane. Ma nonostante la prolungata interruzione dei contatti con realtà che apparivano a molti arretrate, condizionate da una dominante influenza sovietica, anche in una regione che comprende terre come la Georgia e l’Armenia ove nel corso dei secoli era fiorita una importante e raffinata civiltà, ben più antica quella russa che vi si è sovrapposta come dominatrice, oggi l’emergere di un cruciale problema di approvvigionamento energetico, insieme al riscaldarsi delle tensioni e dei conflitti interni e internazionali nelle zone dove l’Islam può esercitare una profonda influenza – e fra queste prima di tutto quella del “Grande Medio Oriente” compreso fra il Mediterraneo e i confini della Cina, in particolare dei territori compresi fra Mar Nero e Mar Caspio –, ci ha posto di fronte alla necessità di conoscere e valutare nuovamente tutti quei territori, di prendere decisioni rispetto a problemi economici, politici e geostrategici in cui il loro ruolo non è affatto secondario. Il Caucaso, così, ci ha riproposto il suo valore geopolitico, e le implicazioni potenziali dell’evoluzione dei territori che lo compongono anche rispetto ai nostri delicati equilibri europei. Anche per queste ragioni risulta estremamente utile poter disporre di questo volume, scritto da uno studioso della competenza di Aldo Ferrari, che riesce da un lato ad offrirci un ottimo quadro sintetico della storia di questa complessa e intricata regione, dall’altro a soffermarsi attentamente sulla situazione in cui si sono venute a trovare quelle terre dopo la caduta dell’impero sovietico, fra una serie di conflitti interni e di crescenti rivalità geopolitiche. L’analisi di Ferrari è incessantemente caratterizzata da grande equilibrio e serenità di giudizio per quanto riguarda i vari problemi posti in campo ed i numerosi ed assai complicati punti di scontro e di frizione che si sono venuti accumulando in quelle zone, e riesce a delineare con grande efficacia anche possibili scenari per il prossimo futuro, indicando con delicatezza molte delle alternative e dei “punti deboli” che i diversi protagonisti si trovano e si troveranno probabilmente a fronteggiare. Nella sua ricostruzione della storia dell’area caucasica, Ferrari analizza con cura le differenze di sviluppo tra il Caucaso settentrionale, più frammentato in gruppi tribali e più facilmente condizionato dalla vicinanza dei grandi russi, e il Caucaso meridionale, dove almeno tre popoli sono riusciti nei secoli a costituire entità statali di rilievo, data la presenza di comunità etniche più vaste e più omogenee, ma anche data la prossimità con civiltà più avanzate del Vicino Oriente, e i più intensi contatti con il Continente europeo. Per tali ragioni a queste differenti realtà nel volume sono dedicati capitoli separati, che riescono ad illustrarcene vicende e caratteristiche con chiarezza e capacità di sintesi, a spiegare le ragioni che hanno portato a quella frammentazione etnica e linguistica che ha contribuito a favorire prima l’invasione mongola del XIII secolo, poi la progressiva penetrazione dell’Islam e la pressione dell’Impero ottomano su quei territori, infine la conquista russa, con la sottomissione degli inquieti montanari del Caucaso settentrionale, l’annessione della Transcaucasia, la politica degli zar, che su quelle terre oscillava tra centralismo – prevalente – e regionalismo. Risultano infine di sicuro interesse i capitoli dedicati all’epoca sovietica ed alla politica messa in atto dai bolscevichi su quei territori tormentati, in cui Ferrari ci mostra come l’intera regione caucasica, che aveva tentato di approfittare della rivoluzione per liberarsi dai dominatori russi ed acquisire proprie forme d’indipendenza, sia stata forzatamente ricondotta nell’orbita di una Russia divenuta sovietica. Un inserimento avversato soprattutto dai montanari musulmani del Caucaso settentrionale, mai del tutto domati dai “nemici” russi, avversi alle politiche di collettivizzazione e ai tentativi di distruggere la loro struttura sociopolitica di tipo clanico. Mentre i popoli della Transcaucasia, pur risentendosi dell’imposizione del dominio sovietico, si erano trovati stretti fra la pressione russa proveniente da Nord ed il timore provato nei confronti di una Turchia che nel 1915 aveva posto in essere nei confronti degli Armeni uno spaventoso genocidio – il primo genocidio del XX secolo; e in una situazione di questo genere perfino la Russia bolscevica poteva perfino essere vista come un fattore di “protezione”. Si era avviata così una nuova fase storica – l’intera regione caucasica soggetta all’URSS – in cui, come scrive Ferrari, tutti quei territori subirono una politica di “ingegneria nazionale” sovietica che tentava di riorganizzare amministrativamente, culturalmente e linguisticamente su base “nazionale” popolazioni la cui identità era in primo luogo di carattere religioso e tribale o clanico. Una politica che ha naturalmente incontrato forti opposizioni, ma che ha comunque in parte finito con il modificare la situazione, determinando la creazione o il rafforzamento di identità nazionali. I suoi effetti si sono quindi trovati all’origine di molte delle tensioni e dei conflitti che oggi caratterizzano quella tormentata regione: problemi a cui Ferrari dedica capitoli di grande interesse, in cui si tratta del Caucaso postsovietico e dei suoi rapporti con la Federazione Russa, sia per quanto riguarda le regioni settentrionali che ancora ne fanno parte – qui un capitolo è dedicato alla particolarmente “calda” questione cecena –, sia per quanto riguarda gli Stati nazionali emersi in Transcaucasia. E qui si pone un panorama internazionale in cui il ruolo del Caucaso appare particolarmente complesso e ricco di punti interrogativi, collocato com’è tra la politica di Putin volta a ricostituire almeno parzialmente l’Impero perduto, la crescente presenza degli Stati Uniti, le vicinanze a volte minacciose, a volte “convenienti”, di Stati come l’Iran o la Turchia, dove la tradizione islamica è in varie forme presente. E, ricordiamoci, v’è pure, comunque ineludibile, il ruolo potenziale di un’UE a cui diversi popoli del Caucaso guardano con crescente insistenza. Bisognerà compiere delle scelte, prendere posizioni; da questo punto di vista una più adeguata conoscenza del complesso contesto di quelle terre, dei loro conflitti presenti e di quelli potenziali è comunque indispensabile; e volumi come questo sono davvero un utile contributo.

Bianca Valota